Il profumo di mele, burro e cannella che esce da una pasticceria dell’Alto Adige non è solo un gesto di accoglienza: è la traccia di secoli di scambi culturali e tecnici. Lo strudel che si mangia oggi in molte case italiane porta con sé ingredienti e metodi che hanno viaggiato lungo rotte commerciali antiche, cambiando forma e sapore a seconda dei luoghi. Chi lo ordina a colazione o lo trova nei mercati locali spesso non pensa alle origini ben oltre i confini nazionali, eppure quel rotolo di pasta racconta una storia che attraversa l’Europa e il Medio Oriente.
Origini e diffusione: dalla via della seta alle corti europee
Documenti storici mostrano preparazioni simili allo strudel già nell’età assira: dessert composti da sottili strati di sfoglia, miele e frutta secca. Queste ricette si diffusero lungo la Via della Seta fino a raggiungere la Grecia e la Turchia, dove nacquero preparazioni come il güllaç e la baklava. È un percorso che molti storici gastronomici collegano con lo spostamento di tecniche per lavorare la pasta e per conservare ingredienti dolci.
Nel corso del XVI secolo, con l’espansione ottomana, alcune di queste tecniche arrivarono in Europa centrale. Secondo fonti culinarie, l’introduzione in Ungheria portò all’uso della mela e dei pinoli, un adattamento rispetto alle noci usate nelle versioni mediorientali. Un dettaglio che molti sottovalutano è come ogni passaggio geografico abbia influito sugli ingredienti disponibili: il frutto, la frutta secca e i grassi usati dipendono spesso dall’economia locale.
Lo strudel entrò nella cultura viennese attorno al XVII secolo e, nel corso dei secoli successivi, guadagnò spazio nelle cucine delle corti, dove venne arricchito con uvetta macerata nel liquore. Nel 1827 una ricetta comparve nel grande libro di cucina viennese, consolidando il termine Apfelstrudel. Questo passaggio dalle cucine popolari alle tavole aristocratiche mostra come un piatto semplice possa cambiare status e forma, pur restando riconoscibile per l’uso di sfoglie sottili e ripieni aromatici.
Ingredienti e varianti: cosa cambia tra tradizione e sperimentazione
Il ripieno classico prevede mele Golden Delicious e talvolta Renette, arricchite con uvetta, pinoli o noci, cannella, zucchero e scorza di limone. Il pangrattato è spesso usato per assorbire l’umidità delle mele e per dare una nota croccante. Nel racconto delle cucine regionali, la scelta della varietà di mela è pratica: alcune sono più dolci, altre più sode, e questo modifica il risultato finale.
La vera differenza però sta nella base: si può usare pasta sfoglia, pasta frolla o pasta matta. La pasta sfoglia offre un compromesso tra friabilità e facilità di preparazione, mentre la pasta frolla conferisce struttura e corposità grazie alle uova e al burro. La pasta matta, fatta con pochi ingredienti come acqua e olio, è estremamente sottile e tende a mettere in risalto il ripieno: è un particolare che in molti notano solo d’inverno, quando la frutta è più compatta.
I cambiamenti moderni includono l’uso di pere, frutti di bosco o addirittura ripieni salati con verdure. La tecnica di preparazione incide quanto la scelta degli ingredienti: la sfoglia deve essere stesa con attenzione, il ripieno non deve risultare eccessivamente umido e la cottura calibrata per evitare che la crosta si bruci. Un dettaglio operativo che molti sottovalutano è la necessità di far riposare certe paste; il tempo in frigorifero è spesso determinante per la resa alla cottura.

Interpretazioni contemporanee e due ricette da Bolzano
Nel panorama odierno non mancano reinterpretazioni: dal classico servito con panna o gelato alle versioni salate proposte nelle panetterie artigianali. A Bolzano, il pasticcere Richard Wieser offre due letture concrete dello strudel: una fedele alla tradizione e una più creativa, con varianti anche salate. Chi segue il mestiere racconta che la vera sfida è ottenere la giusta sfoglia, perché è lì che si gioca gran parte del risultato sensoriale.
La versione tradizionale che Wieser prepara utilizza una base tipo pasta frolla lavorata con burro, zucchero, scorza di limone e vaniglia; dopo un riposo in frigorifero si stende e si farcisce con mele, uvetta ammollata, noci, cannella e pangrattato, quindi si cuoce a temperatura moderata per consentire una cottura omogenea. La variante creativa sostituisce le mele con le pere e aggiunge pane tostato imburrato e noci per una consistenza più morbida e un profilo aromatico diverso. È un fenomeno che in molti notano anche fuori dalle pasticcerie: le versioni domestiche tendono a sperimentare ingredienti locali.
In diverse cucine italiane lo strudel è diventato banco di prova per tecniche e gusti personali: alcuni preferiscono la praticità della pasta sfoglia commerciale, altri investono ore nella lavorazione della sfoglia fatta in casa. Un dettaglio concreto per chi vuole provare: regolare il tempo di cottura in base allo spessore della pasta e al tipo di frutta evita sorprese in forno. Chi chiude il forno sente subito se la crosta ha raggiunto la giusta doratura e, spesso, è quel gesto che distingue un prodotto da pasticceria da uno fatto in casa.
